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In Italia, il settore dell’informazione digitale è dominato dai media tradizionali della stampa e della radiotelevisione. Tuttavia, negli ultimi dieci anni si è assistito alla nascita di un numero sempre crescente di testate native digitali indipendenti che offrono ai propri lettori nuovi linguaggi e tecniche, specializzandosi in uno o più temi. I media nativi digitali esaminati tendono a cercare la sostenibilità economica attraverso la costruzione e il supporto di una comunità di lettori e lettrici. La loro principale fonte di entrate è rappresentata da bandi e progetti. 

INFORMAZIONI GENERALI

Organizzazioni di media presenti nell’elenco
23
Tipo di organizzazione
  • A scopo di lucro: 39,1%
  • Non-profit: 52,2%
  • Ibrida: 8,7%
  • Non ancora costituita/registrata: 0,0%
Genere delle persone fondatrici
  • Maschile: 73,8%
  • Femminile: 26,2%
Tipo di copertura
  • Iperlocale: 0
  • Internazionale: 6
  • Locale: 0
  • Nazionale: 14
  • Regionale: 3

Nel contesto di quello che molti hanno definito un “evento di estinzione dei media” causato dalla pandemia, dall’instabilità economica, dalla disinformazione e dalla guerra, è emerso un numero crescente di nuovi tipi di mezzi d’informazione indipendenti.

Malgrado i canali di informazione convenzionali siano diminuiti costantemente nell’ultimo decennio, in tutta Europa sono nati media nativi digitali per colmare i vuoti informativi, attirando un pubblico disilluso e sperimentando nuovi modi di condividere informazioni vitali.

Malgrado le differenze politiche, economiche e linguistiche che caratterizzano gli oltre 40 Paesi in cui abbiamo condotto la ricerca, le 540 organizzazioni mediatiche native digitali presenti nell’elenco di Project Oasis si trovano ad affrontare molte sfide e opportunità condivise.

Tra le nostre principali conclusioni:

  • Si servono dei social media per rivolgersi a un pubblico più giovane, per inviare le ultime notizie via Telegram e così eludere la censura e formare “cittadini-giornalisti” per raggiungere comunità meno rappresentate.
  • Oltre l’85% afferma che le questioni riguardanti la società e i diritti umani sono punti fondamentali della loro copertura, insieme ad argomenti quali la migrazione, i rifugiati, il genere e il femminismo.
  • Più del 50% destina risorse al giornalismo d’inchiesta e molti stringono alleanze per coprire storie oltre confine.
  • Più del 58% delle persone fondatrici dei mezzi d’informazione rappresentati nel presente rapporto è costituito da donne. Questi mezzi sono altamente collaborativi e la maggior parte ha due o più co-fondatori.
  • I media fondati da team che comprendono sia uomini sia donne hanno registrato i ricavi più elevati, con una media di 509.740 euro all’anno.
  • Quelli che investono nello sviluppo aziendale conformano aziende più sostenibili. I media che hanno almeno una persona dipendente dedicata alla generazione di ricavi hanno registrato un fatturato medio annuo sei volte superiore rispetto a quelli che non prevedono una figura destinata a tale ruolo: 598.539 euro a fronte di 95.629 euro.
  • Più della metà dei media oggetto dello studio sono enti non profit, e molte delle imprese a scopo di lucro investono più nel giornalismo che nel generare profitti.
  • Tra i mezzi di informazione non profit, la principale fonte di entrate è rappresentata (in ordine di rilevanza) dai bandi, dalle donazioni di privati e dagli abbonamenti. Tra quelli a scopo di lucro invece, le fonti di guadagno primarie sono la pubblicità, gli abbonamenti al sito e le sovvenzioni.
  • La diversificazione dei guadagni è cruciale, ma disporre di più fonti non sempre è sinonimo di maggior successo. Puntare da due fino a sei fonti di entrate sembra una soluzione ottimale per garantire la sostenibilità e l’indipendenza del media.
  • I mezzi d’informazione nativi digitali vanno da piccole start-up, gestite da volontari che hanno a cuore le proprie comunità, a realtà multipiattaforma altamente redditizie che attirano milioni di visualizzazioni ogni mese e guadagnano milioni di euro all’anno.
  • Nonostante alcuni dei media oggetto del presente studio siano attivi da oltre 20 anni, più della metà ha iniziato a pubblicare negli ultimi 10 anni. La maggior parte di essi è stata fondata nel 2016.

La sostenibilità è difficile da raggiungere e non esiste una ricetta del successo. Tuttavia, molti leader dei media intervistati dimostrano che è possibile trovare il supporto di cui hanno bisogno per servire le proprie comunità.

“Niente oligarchi né paywall. Solo le vostre donazioni e il nostro lavoro” è lo slogan del media nativo digitale ceco Deník Referendum, fondato nel 2009. Il suo capo redattore, Jakub Patočka, ci ha parlato del suo metodo: “I lettori che desiderano discutere nella sezione dei commenti in fondo ai nostri articoli pagano una quota. Questo approccio genera un modesto reddito e aiuta a promuovere il dibattito”.

Le cooperative di media finanziate dai contributi dei membri rappresentano un modello interessante tra le testate presenti nel nostro elenco. Nel Regno Unito, i membri della cooperativa The Bristol Cable sono anche “azionisti democratici”, il che significa che possono partecipare alle assemblee generali annuali dell’organizzazione, esprimere il loro voto in merito alle campagne editoriali e candidarsi alle elezioni del consiglio di amministrazione non esecutivo.

La maggior parte delle iniziative mediatiche mappate per creare il nostro elenco sono state intraprese da giornalisti, spesso con risorse ed esperienza commerciale limitate, ma nonostante queste (e tante altre) sfide, molti hanno dichiarato che prevedono di crescere nei prossimi anni.

Alcune saranno ben note ai lettori che lavorano nel campo dei media, ma riteniamo che troverete qualche sorpresa tra i vari e motivanti esempi che abbiamo riscontrato in Europa. In ogni caso, non pretendiamo che questa prima versione di Project Oasis rappresenti tutti i media che dovrebbero essere inclusi nel nostro elenco europeo.

Molti dei risultati ottenuti in questo studio sono coerenti con i nostri precedenti progetti di ricerca, e per fornire un contesto più ampio e spunti di confronto, approfondiamo tutti i risultati principali di cui sopra nel rapporto che segue.

Questo progetto di ricerca è stato realizzato utilizzando la metodologia che abbiamo sviluppato in SembraMedia quando, nel 2015, abbiamo iniziato a cercare tipologie simili di media nelle comunità ispaniche dell’America Latina, della Spagna e degli Stati Uniti. Da quando abbiamo iniziato Project Oasis nel 2022, il progetto ha coinvolto più di 60 persone, tra cui 34 ricercatori e ricercatrici con esperienza locale, che hanno mappato, analizzato e condotto interviste in più di 30 lingue.

È importante notare che il presente rapporto e l’elenco dei media non rappresentano una lista definitiva ed esaustiva di tutti i media digitali indipendenti in Europa. Ci auguriamo che questo sia solo il primo passo di un progetto di ricerca in costante sviluppo, che continueremo a portare avanti.

Le nostre fonti d’ispirazione sono l’innovazione, la determinazione e il coraggio, ma spesso anche il giornalismo premiato dei leader dei media che hanno avuto la gentilezza di riservare del tempo per parlare con i nostri ricercatori e ricercatrici durante le loro intense giornate di lavoro.

Come abbiamo imparato da studi precedenti, dare risalto ai tipi di media presenti nell’elenco di Project Oasis può aiutare i loro leader a scambiare conoscenze, collaborare e ottenere maggiore visibilità e riconoscimento da parte di organizzazioni che possono fornire loro il sostegno vitale di cui hanno bisogno, e che meritano, per continuare a lavorare.

Libertà di stampa 

Stando a Reporter Senza Frontiere, i giornalisti italiani godono per lo più di un “clima di libertà”. Ciononostante, secondo il Ministero degli Interni, 20 giornalisti si trovano nel 2022 sotto scorta 24 ore su 24 per via delle loro inchieste sulla criminalità organizzata. Inoltre, stando a quanto affermano alcune organizzazioni che difendono la libertà di stampa, come il Centro europeo per la libertà di stampa e dei media o Reporter Senza Frontiere, le querele sono qampiamente utilizzate per intimidire i media a livello legale. Nel corso della pandemia da Covid-19, giornalisti e giornaliste hanno subito diversi attacchi fisici e verbali da parte di estremisti e gruppi di manifestanti cosiddetti “no vax”. 

Struttura e posizione dominante del mercato 

Dal rapporto Monitorare il Pluralismo dei Media nell’era Digitale (MPM 2022), pubblicato dal Centro per il Pluralismo e la Libertà dei Media, si evince che, nonostante l’esistenza di norme specifiche volte a salvaguardare il pluralismo, l’Italia presenta storicamente un’elevata concentrazione di proprietà di media, in particolare nel settore audiovisivo. Gli organi di stampa tradizionali dominano il mercato delle notizie, sia online sia offline. Secondo il Digital News Report 2022 del Reuters Institute, l’innovazione digitale in Italia è stata più lenta rispetto a quella di altri sistemi mediatici europei. L’indagine Eurobarometro 2022 mostra che la televisione è ancora la fonte d’informazione più utilizzata in tutte le fasce di età.

Come si finanziano i media 

Lo Stato possiede un’emittente pubblica, la RAI. Le sovvenzioni pubbliche, regolate dalla legge, sono limitate. Pertanto, il settore dell’informazione dipende in gran parte dagli introiti pubblicitari. Come si legge nel rapporto del Centro per il Pluralismo e la Libertà dei Media, da anni il settore della carta stampata vive una forte crisi economica dovuta al costante calo delle vendite e al conseguente riorientamento degli investimenti pubblicitari verso il settore audiovisivo e digitale. Le iscrizioni e gli abbonamenti rappresentano nuove fonti di reddito.

La piattaforma online del Progetto Oasis contiene 23 profili di media nativi digitali italiani. Tra le persone intervistate è diffusa la sensazione di riempire un vuoto nel panorama mediatico nazionale. Nella maggior parte dei casi, le testate puntano a offrire un giornalismo esplicativo imparziale incentrato su uno o più argomenti, tra cui i più comuni sono la politica, gli affari esteri e i diritti umani. In alcuni casi, le redazioni si specializzano nell’uso di tecniche specifiche, quali il data journalism o il fact-checking. È interessante notare che tutti i fondatori di media provenienti dal mondo accademico condividono la stessa missione: diffondere le proprie conoscenze al di fuori di una determinata nicchia. inGenere –  rivista che tratta temi sociali ed economici analizzati in una prospettiva di genere – desidera rendere visibili le opinioni di donne di alto profilo provenienti dal mondo accademico che vengono “ignorate dai media mainstream”, come riferito dalla direttrice Barbara Leda Kenny. Secondo il rapporto del Centro per il Pluralismo e la Libertà dei Media, in Italia la maggior parte dei leader di mezzi di comunicazione sono uomini, e i media digitali non fanno eccezione.

La prima testata nativa digitale risale al 1998 e queste interviste suggeriscono che le organizzazioni della società civile hanno aperto la strada al settore dei media nativi digitali indipendenti in Italia. I motivi sono molteplici. Da un lato, la fondazione della prima rete di mezzi di comunicazione di massa indipendenti – meglio nota come Indymedia – ha portato a un effetto di imitazione in Italia, con due intervistati che hanno citato Indymedia come fonte di ispirazione. Inoltre, i media tradizionali italiani tendono a limitare la copertura estera a pochi Paesi, ovvero Stati Uniti, Regno Unito e alcuni Paesi europei, secondo quanto osservato dall’organizzazione no-profit COSPE nel suo rapporto 2022 sulla copertura italiana di notizie internazionali. Al contrario, vari direttori di media nativi digitali affermano che tra i loro obiettivi vi è quello di “riportare notizie da tutto il mondo”. 

I media nativi digitali italiani presi in esame dal progetto Oasis sono online in media da 10 anni. Le interviste fanno pensare che la crescita del settore sia andata di pari passo con la diffusione delle piattaforme di social media in Italia. Tuttavia gran parte dei direttori di mezzi di comunicazione dichiara di voler dire addio ai social come mezzo di diffusione delle notizie, a favore delle newsletter e dei servizi di messaggistica istantanea. Alcuni di questi leader hanno anche avviato pubblicazioni cartacee per poter disporre di un’ulteriore fonte di introiti. Come dichiara Christian Elia, co-fondatore della rivista digitale di giornalismo narrativo Q Code: “La gente è disposta a pagare solo se riceve in cambio qualcosa di concreto.”

Molti leader di media affermano con orgoglio di essere “privi di pubblicità”. Bandi e progetti sono dunque una fonte di guadagno essenziale per la maggior parte dei media intervistati. Alcuni hanno lanciato campagne di abbonamento, ma solo pochi dispongono di un paywall. “I lettori dovrebbero donare perché in questo modo sentono di appartenere a una comunità, non perché sono costretti a farlo”, afferma Alberto Puliafito, co-fondatore della testata multimedia Slow News. Può sorprendere che la pandemia abbia avuto sui media intervistati un effetto positivo eppure è così. Alcune testate hanno ricevuto sovvenzioni per l’emergenza Covid dall’Unione Europea o dal Centro Europeo di Giornalismo, mentre altre sono state fondate proprio durante il periodo di lockdown.

Le interviste ai media nativi digitali italiani sono state svolte tra luglio e settembre 2022. I risultati sono in linea con quelli del  Digital News Report 2022 del Reuters Institute: i media nativi digitali in Italia tendono a concentrarsi su argomenti che ritengono trascurati dai media tradizionali. Il fatto di essere una pubblicazione di nicchia, anziché rappresentare un ostacolo, offre a tali media l’opportunità di creare comunità fondate sulla fiducia. Le interviste inoltre confermano che in Italia manca una cultura della trasparenza: la maggior parte dei media intervistati non ritiene importante pubblicare informazioni inerenti alla rispettiva proprietà o i propriidati finanziari.

Ultimo aggiornamento: dicembre 2022.